Roberta Mazzacane giornalista

San Valentino e l’anuptafobia. Sapete cos’è?

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Foto di Jess Bailey da Pixabay

 

Finalmente è San Valentino, la festa degli innamorati, celebrata in quasi tutto il mondo il 14 febbraio. Se per molte coppie è una bella occasione per festeggiare, per chi è single questa giornata genera ancora oggi una certa ansia. Come spiega TherapyChat, l’applicazione mobile e web di psicologia online, l’avvicinarsi di questa festività tende infatti ad acuire le paure e le preoccupazioni tra le persone che soffrono di anuptafobia.

Di cosa si tratta? Della paura di rimanere single. La parola anuptafobia deriva infatti dal greco “anupta”, che significa “mancanza di nozze”, e “fobia”, che indica invece la paura. Chi soffre di anuptafobia vive il timore di rimanere single non come “semplice” insoddisfazione o scontentezza, ma come una paura smisurata e persistente nel tempo.

Questa fobia ha a che fare anche con il disperato bisogno delle persone di mantenere una relazione, anche se di tipo disfunzionale. Per paura di rimanere soli, i soggetti che soffrono di anuptafobia tendono infatti a instaurare una relazione dietro l’altra o ricercare volutamente rapporti, anche se insoddisfacenti. La paura di non avere un partner subentra soprattutto tra coloro che hanno una scarsa autostima o tra le personalità più dipendenti dagli altri, profondamente condizionate da modelli educativi e/o sociali in cui il coronamento amoroso rappresenta l’unico vero strumento per la realizzazione di sé.

Il problema è che spesso questa ricerca instancabile dell’amore rischia di sfociare in una vera e propria ossessione e in comportamenti compulsivi, in cui le occasioni sociali o di divertimento diventano funzionali esclusivamente per uno scopo: trovare il proprio partner. Avete mai avuto amiche che sembravano voler uscire con voi solo per andare a ballare o in giro per rimorchiare mentre non erano mai disposte a fare una semplice passeggiata o a vedervi per un caffè al volo? Io si, ma non sapevo cosa fosse l’anuptafobia…

Le persone anuptafobiche reputano inutile distrarsi o dedicarsi a esperienze rivolte a procurare benessere e divertimento fine a se stesso e tendono ad adottare alcuni specifici comportamenti: ricercano in maniera ossessiva un partner; sono più inclini al flirt e alle avventure; vivono un maggior numero di storie con la speranza di incontrare la persona giusta; si accontentano di un partner non adatto o inappropriato pur di non chiudere una relazione.

Perché essere single può essere positivo per il nostro benessere

L’unica salvezza sarebbe quella di accettare l’idea che essere single non sia necessariamente una condizione negativa. Per fare ciò, è importante cambiare il nostro modo di percepire la solitudine: sapere stare da soli, e quindi dedicare del tempo a noi stessi, può rappresentare un’importante opportunità di crescita, oltre che un’occasione per conoscerci meglio. Alcune ricerche scientifiche hanno inoltre dimostrato che quando il non essere in coppia diventa una scelta, e non una condiziona obbligata, questa può portare notevoli vantaggi:

1) Aiuta ad amplificare le emozioni. Imparando a convivere con le proprie emozioni, sia positive che negative, senza rifuggire da esse, impariamo anche a gestire con maggiore calma e tranquillità la nostra gamma di emozioni. In questo modo viviamo e accogliamo ogni nuova emozione nella sua interezza.

2) Porta maggiore coscienza di sé. Passare più tempo da soli ci aiuta a comprenderci meglio e a indagare sugli stimoli, i bisogni e le ragioni che motivano il nostro agire.

3) Incrementa la creatività. Ogni lavoro creativo, come scrivere o dipingere, richiede tempo e dedizione. Ritagliarsi del tempo per sé significa quindi poter dare libero sfogo alla propria creatività e coltivare le proprie inclinazioni artistiche.

4) Riduce l’ansia. Spesso sono proprio le relazioni sociali a influenzare negativamente il nostro stato psico-emotivo. Passare del tempo in solitudine aiuta a diminuire lo stress, l’irritabilità e l’ansia sociale derivante dalle relazioni esterne.

5) Rende più predisposti all’ascolto. Una maggiore consapevolezza di sé si traduce in una maggiore comprensione dell’altro. La solitudine amplifica la nostra empatia e ci rende più predisposti all’ascolto degli altri, oltre che più aperti nei loro confronti. Questa propensione verso l’altro migliora le nostre relazioni e ci permette di creare nuovi legami.

Ma quando il desiderio di una relazione diventa anuptafobia?

Aída Rubio, Head of Clinical Content di TherapyChat, spiega che: “Il più grande campanello d’allarme che ci segnala che la nostra ricerca dell’amore è dovuta all’anuptafobia è quando paura o ansia diventano il motore stesso della nostra ricerca. Un altro elemento che ci aiuta a identificare la nostra voglia di una relazione come anuptafobia lo riscontriamo quando, una volta trovato il proprio partner, questo traguardo produce in noi un senso di sollievo notevole, in quanto allevia una paura della persona, ma non una soddisfazione in quanto tale”.

Quando è giusto rivolgersi a uno psicologo? “Non appena si riscontrano delle insicurezze, è un buon momento per andare in terapia. Le insicurezze sono il seme delle nostre paure, e forse basta un’esperienza negativa o un momento di stress significativo per scatenarle e farle diventare paure irrazionali, sproporzionate e persistenti. Manifestare insicurezze, non avere un’autostima stabile e positiva e, in generale, non accettarsi e non potersi sentire degni dell’amore incondizionato così come siamo, dovrebbe essere una spinta sufficiente per rivolgersi ad uno psicologo ed è, infatti, una delle problematiche più comuni” conclude la Rubio.

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